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La pubblicità delle sigarette

Il fumo rimane una delle prime cause di morte in Italia e pertanto dal 1991, tramite il decreto Ministeriale 425, sono state vietate le pubblicità sulle sigarette in tutte le forme possibili e di fumare all’interno di luoghi pubblici. Nel 2005 vengono anche bandite le pubblicità dalle radio, eventi sportivi, media e da internet in generale.

Cosa cambia per le pubblicità delle sigarette nel mondo? A cosa si va incontro?
Lo scopriamo illustrando la storia delle campagne e di come sono le “pubblicità” oggi.

 

Le prime campagne pubblicitarie sulle sigarette

 

Compaiono le prime pubblicità di sigarette in America già nel tardo diciottesimo secolo, in cui la claim conquista da subito il consumatore a provarle.
La prima vera e propria campagna sulle sigarette è del 1868 grazie al marchio Durham ed otteniene un’enorme risonanza in tutti gli Stati Uniti.

Uno dei brand più iconici per le campagne pubblicitarie è  Lucky Strike. Nel 1931 la società chiede ad un famoso attore dell’epoca di comparire nelle sue pubblicità con lo slogan “It’s toasted”.

Con tostato si è intende un prodotto che è diverso dagli altri, la cui peculiarità è che è stato tostato e quindi presuppone che sia una merce migliore delle altre.

 

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Una delle più importanti pubblicità di Lucky Strike

 

A cavallo tra gli anni ’50 e ‘60, le campagne pubblicitarie dei brand del tabacco vanno tutte verso un’unica via: far notare come le sigarette facciano bene e/o migliorano lo stile di vita.
Quello che viene denominato come l’Esperto, invita le persone all’assunzione di nicotina e derivati. Ed il suo lavoro è quello di medico.

Alla domanda “Fa male fumare”, la risposta tempestiva dell’Esperto è stata “Sì, come bere il latte!”.
Più di adesso, che il consumatore ha la possibilità di informarsi autonomamente sui prodotti, l’Esperto ha avuto un peso mediatico e consumistico di grande spessore.

 

Camel: le pubblicità sulle sigarette dei medici negli anni ‘50

 

Si continuano a condurre ricerche sulle sigarette, con le testimonianze di più di cento mila medici abbiamo la certezza che negli anni ’50 in America i medici fumavano le Camel.
Quale modo migliore di pubblicizzare il prodotto dicendo “Più medici fumano Camel”? In quegli anni infatti il celebre marchio registra  un’impennata di vendite dei prodotti.

Non soltanto le Camel, anche Philip Morris adotta una strategia simile.
Sempre secondo delle testimonianze, il brand attua una campagna in cui dimostra che, tre persone su quattro che avevano la tosse, passando a Philip Morris la loro tosse risulta diminuita.

 

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Ronald Regan è uno dei testimonial di successo più famosi di quel tempo. Diventa poi esponente politico e Presidente degli Stati Uniti nell’81.

 

Le prime restrizioni

 

Iniziano a vedersi le prime restrizioni nel 1941 in Germania, le pubblicità sulle sigarette generano una divisione tra fumatori e non fumatori: i fumatori visti come i non nazisti, i non fumatori e quindi coloro contro il fumo, sono i nazisti. In questo caso, bisogna contestualizzare il periodo storico e politico del tempo.

Nel 1964 la Surgeon General of the United States stila un report, comprendente di 7 mila articoli, con eventuali collegamenti tra cancro e tabacco. Da qui in poi, sui pacchetti ci sono le scritte contenenti frasi sui reali pericoli che i consumatori possono correre fumando sigarette.

 

 

Come cambia la pubblicità sulle sigarette di oggi

 

L’Australia decide di attuare dal 2012 la strategia di incutere “paura” ai consumatori scrivendo sul pacchetto tutti i rischi che si possono correre.

Visto il grande successo ottenuto, anni più tardi anche i Paesi europei hanno adottato questa strategia, pur non avendo ottenuto i risultati che ha avuto il Paese dell’Oceania.

 

In che modo si potrebbe far diminuire il consumo di tabacco

 

La strategia attuata dal Paese australiano non sta portando i frutti sperati in Europa, pertanto se si vuole cercare di ridurre i consumatori, bisognerebbe cambiare tattica.
Focalizzare l’attenzione del consumatore sui rischi e i danni che può provocare, oltre ad infastidire le persone, può anche risultare una sfida per il consumatore che si sente “invincibile”.

La tattica da utilizzare sarebbe differente: bisogna far leva sulle emozioni degli individui che fumano.
Per far suscitare loro delle reali emozioni, ricordi positivi, ricordi che potrebbero essere vanificati se l’uomo va avanti a fumare.
Un esempio è  quello di applicare sui pacchetti delle immagini positive, chiedendo se la persona vuole vivere in quel modo. Non cambia molto, la differenza è sottile.
Ma un consumatore attento potrebbe notare ciò che si perde fumando.
Potrebbe non arrivare mai a vedere delle immagini positive o a vivere delle situazioni piacevoli.
Questa nuova chiave potrebbe essere una soluzione, o comunque tentare non nuoce (a differenza del tabacco).

 

Che a guardare bene al passato, sarebbe la stessa tecnica utilizzata negli anni ’50, solamente con una visione inversa. Potrebbe essere la soluzione più adatta?