In questo articolo abbiamo deciso di dare spazio alla storia della pubblicità italiana, scrivendo di un viaggio dai grandi anni Cinquanta ad oggi.
Indice dei contenuti
50 anni di pubblicità italiana: una storia con i suoi eroi e le sue avventure
Come per ogni grande storia, anche la nostra avrà i suoi eroi, i suoi ostacoli da superare, gli insuccessi ed i cambiamenti. Partiremo dal dopoguerra, un periodo pieno di novità per la nostra Italia…
Gli anni 50: arriva la pubblicità
Il decennio del dopoguerra è un momento particolare per l’Italia.
Siamo in pieno boom economico, dall’America si espande a macchia d’olio il consumismo, le persone cominciano ad acquistare per il gusto di farlo, non per pura necessità.
In questo panorama, la pubblicità comincia ad avere un grande valore. Il modello americano basato sulla unique selling proposition, ovvero la creazione di messaggi concentrati su un’unica argomentazione di vendita, diventa un mantra per le agenzie italiane.
Il linguaggio pubblicitario si modernizza.
I titoli iniziano a parlare direttamente al consumatore e l’illustrazione lascia spazio alla fotografia.
“Assaggiatemi, diverremo amici” enuncia il distillato Biancosarti. “Camminate Pirelli”, dice l’omonima azienda di pneumatici.
In questo panorama emerge la figura di Armando Testa, che apre il suo primo studio grafico e realizza pubblicità famosissime come l’annuncio per l’aperitivo Punt e Mes per la Carpano.
Sfondo bianco, colori primari e semplici forme geometriche diventeranno il suo marchio.
Un’altra grande novità è l’arrivo della pubblicità hollywoodiana, che per la prima volta mostra agli italiani l’unione tra divi e prodotti. Ne è un esempio l’annuncio per Lux “il sapone delle stelle”, con Ava Gardner.
Gli anni 60: viva Carosello
Gli anni Sessanta sono il decennio del Carosello.
La televisione diventa un media di massa, e il mondo della pubblicità cavalca l’onda.
L’unico ostacolo è il monopolio Rai, che limita la messa in onda ai soli contenuti didattici.
Per questo motivo la pubblicità decide di rinnovarsi, diventando prima di tutto una forma di intrattenimento.
Gli spot vengono inseriti sotto forma di cortometraggi in uno spazio dalle 20:50 alle 21:00, che prenderà il nome di Carosello.
Le scenette ospitate sono generalmente di due tipi:
i cartoni animati, come l’Omino con i Baffi del caffè Bialetti o Calimero per il detersivo Mira Lanza, senza dimenticare Caballero e Carmencita, eroi del Caffè Paulista, nati dall’immaginazione di Armando Testa e Armando Guidone.
La seconda topologia di cortometraggi è composta dai film dal vivo, che hanno lanciato personaggi come Eduardo De Filippo (Illy), Raimondo Vianello e Mina.
La figura pubblicitaria di maggio spicco in questo periodo è sicuramente Marcello Marchesi, creatore di più di quattromila slogan, tra cui “Vecchia Romagna etichetta nera, il brandy che crea un’atmosfera” o “Non è vero che tutto fa brodo” per il brodo Lombardi.
Gli anni 70: la crisi della pubblicità italiana
In questi anni, la pubblicità soffre l’ostilità del marxismo giovanile, che l’addita di essere uno strumento capitalista.
Gli slogan e le headline che avevano avuto successo in precedenza sono ora visti come promotrici di falsi bisogni di consumo.
La pubblicità vive quindi una fase difensiva, in cui tenta di giustificare la promozione dei prodotti.
Famose di questo periodo sono l’annuncio di Scottex “Dieci piani di morbidezza” o Jagermeister, che mostra fotografie di vari personaggi famosi che spiegavano il motivo per cui bevevano quell’alcolico.
In questo periodo di forti cambiamenti culturali la pubblicità si politicizza, mostrandosi partecipe delle lotte giovanili.
Esemplare di questo fenomeno è l’annuncio della linea d’abbigliamento Lori, dall’headline “Né strega né Madonna”, con cui sottolinea il suo supporto per la lotta contro il gender gap.
I protagonisti degli anni 70 sono i giovani e la pubblicità italiana decide di farne la facciata dei propri prodotti.
Nascono moltissimi annunci con soggetti giovanili, soprattutto ragazze, che posano ammiccanti davanti ai prodotti.
È il caso di Peroni “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”, o “Scappa con Superissima” di Enerton.
L’annuncio più famoso del tempo rimane però il lavoro di Emanuele Pirella e Oliviero Toscani per Jesus Jeans.
Gli anni 80: il decennio di gloria
Gli anni Ottanta segnano la morte del Carosello, dovuta all’entrata in scena delle televisioni private e della pubblicità commerciale. Con l’avvento di sempre più canali, aumenta l’offerta degli spazi pubblicitari, fenomeno che rompe le limitazioni legate alla dogma didattico Rai.
Fininvest entra con successo nel panorama televisivo, portando con sé l’ideale consumista americano, il che spinge le persone ad una nuova idea di benessere.
La pubblicità d’intrattenimento che aveva caratterizzato il Carosello ora viene sostituita dagli spot commerciali di 30 secondi.
L’aumento dell’offerta di spazi permette ai marchi che non avevano le risorse per entrare nell’ambiente pubblicitario Rai di sponsorizzare i propri prodotti sui canali Mediaset.
Il modello pubblicitario italiano inizia ad avvicinarsi allo stile hollywoodiano, e sempre più brand usufruiscono della fama di personaggi famosi per promuovere i propri prodotti.
Memorabile è lo spot diretto dal regista Federico Fellini per Bitter Campari e i Rigatoni Barilla.
Nasce la “pubblicità spettacolo”, che trova un importante esponente in Marco Mignani, che viene ricordato in particolare per l’annuncio “Milano Da bere” realizzato per l’amaro Ramazzotti.
In questo periodo, la pubblicità televisiva viene influenzata dall’arrivo della serialità.
Ne sono un esempio la saga Glen Grant Whiskey (chi si ricorda di Michele l’intenditore?) e la pubblicità per Lavazza con protagonista Nino Manfredi.
La pubblicità stampata soffre questi cambiamenti, e tenta di recuperare pubblico interpellando direttamente i consumatori, oppure saccheggiando la letteratura. Del primo caso, ne sono un esempio gli annunci di Ferrarelle e, per il secondo, gli annunci di Golia realizzati dalla copywriter Annamaria Testa.
Gli anni 90: Il Carosello funziona ancora
Gli anni Novanta sono un periodo tumultuoso per il mondo della pubblicità.
La crisi del 1991 segna la nascita di un consumatore più attento e selettivo riguardo i suoi acquisti.
L’arrivo degli spot di Nike, Coca-Cola, Absolut e Pepsi propone uno stile di vita nuovo, da cui la pubblicità italiana degli anni Ottanta si vede esclusa.
Ritorna la necessità di intrattenere il consumatore, prima di commercializzare un prodotto.
Ecco che il modello del Carosello ritrova il suo spazio.
I casi pubblicitari di maggior successo di quegli anni sono tutti legati a spot con uno sfondo comico e discorsivo, che trasporta lo spettatore al momento della promozione di un prodotto.
Esemplari di questo nuovo filone sono gli spot di Telecom con Massimo Lopez, o Parmacotto con protagonista Christian De Sica.
Per quanto riguarda gli annunci stampa, gli anni Novanta vivono il successo dei controversi, ma efficaci, lavori del fotografo Oliviero Toscani per Benetton.
Le campagne “United colors of Benetton”, che ritraggono persone di diverse etnie unite, e affrontano temi come l’AIDS, l’immigrazione e la pensa di morte.
La pubblicità italiana: cosa ci aspettiamo dal nuovo secolo
La pubblicità italiana ha vissuto alti e bassi nel corso del secolo scorso, e oggi affrontiamo opinioni differenti.
C’è chi denuncia la crisi della pubblicità italiana, ormai banalizzata dal poco coraggio degli investitori e di creativi sottomessi al mainstream, e c’è invece chi celebra i nostri lavori come esempi di una pubblicità matura, ma dal carattere autoctono. La verità probabilmente sta nel mezzo, ma sono il tempo ce lo dirà.